1959-2009. La storia dei 50 anni MINI

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Sin dall’inizio il concetto era unico, ma la MINI non è mai stata un tipo solitario. 50 anni fa, esattamente il 26 agosto 1959, la British Motor Company (BMC) svelò il risultato del lavoro di sviluppo di una rivoluzionaria vettura compatta. Al pubblico vennero presentati due modelli: la Morris Mini-Minor e la Austin Seven. La doppia anteprima di queste quattro posti quasi identiche era principalmente una conseguenza dell’ampia gamma di marche della BMC, ma aveva anche un valore simbolico.

Interni spaziosi e dimensioni esterne ridotte, spazio per quattro occupanti, qualità di guida impeccabili, bassi consumi di benzina e un prezzo conveniente: questi erano i criteri che il creatore della Mini, l’ingegnere Alec Issigonis, aveva soddisfatto. Le idee brillanti che realizzò nel disegno della piccola berlinetta due porte erano adatte per costruire più di un solo modello e perfettamente applicabili ad diverse varianti. Così, già nel primo anno di produzione della Mini classica nacquero i modelli Mini Van e Mini Estate. Dal rilancio della marca nel 2001, con il debutto della nuova MINI, è stata confermata nuovamente la validità del principio apprezzato da più di 50 anni: un concetto convincente è applicabile in numerose varianti di modello. Sia la MINI che la MINI Clubman e la MINI Cabrio si distinguono per caratteristiche individuali, ma restano sempre e comunque delle vere MINI.

Già nelle prime brochure di vendita della Morris Mini-Minor veniva sottolineato il carattere fortemente futuristico della nuova vettura compatta. Ma all’epoca nessuno avrebbe osato immaginare come si sarebbero avverate le previsioni. 50 anni dopo è chiaro: solo pochi concetti automobilistici sono sopravvissuti per periodi così lunghi o hanno conquistato un livello di popolarità così alto e, soprattutto, nessuno è stato costruito in un numero di varianti così elevato come la Mini. Questo successo è dovuto anche al fatto che la Mini soddisfava perfettamente le esigenze dell’epoca e offriva inoltre una serie di qualità innovative. Con una lunghezza totale di 3,05 metri e un prezzo di base di 496 sterline britanniche era fatta su misura per parcheggi stretti e bilanci modesti. Le sue agili qualità di guida ed il carattere affascinante delle sue proporzioni la rendevano interessante anche per automobilisti che apprezzavano sia lo scarso ingombro, sia l’agilità nei percorsi misti ricchi di curve, sia lo stile personalizzato.

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Anche oggi questo abbinamento di qualità molto differenti è più attuale che mai, il concetto resta giovane. L’attuale MINI si presenta moderna e contemporaneamente più affascinante di qualsiasi concorrente. Un’efficienza insuperata, il più alto valore dell’usato e una maneggevolezza unica nei centri urbani si sposano con una sportività senza pari e un design espressivo e inconfondibile.

Più lunghe, più potenti, più nobili, più versatili: le prime varianti della Mini classica. Con il lancio della Mini classica, Alec Issigonis aveva soddisfatto l’incarico che gli era stato affidato. La Morris Mini-Minor e la Austin Seven che si distinguevano una dall’altra solo per la griglia del radiatore, i mozzi delle ruote e i colori della carrozzeria, venivano alimentate da un motore a quattro cilindri montato trasversalmente di 848 centimetri cubi di cilindrata e con una potenza di 34 CV. Le prestazioni di guida erano identiche, analogamente al volume del bagagliaio di 195 litri. La generosa offerta di spazio, i motori economici ma potenti, l’ottima tenuta di strada e le sospensioni confortevoli della nuova vettura compatta conquistarono il pubblico. Ma Issigonis aveva in mente ancora qualcosa, e non era l’unico.

Già nel 1960 la BMC offrì come variante della Mini classica, una Mini Van. Inoltre, venne lanciata una giardiniera dalle ampie superfici vetrate, basata su un furgoncino, che disponeva, analogamente alla Van, di due porte posteriori. Esattamente come le berline, anche questa variante di carrozzeria venne commercializzata con due denominazioni differenti, come Morris Mini-Traveller e Austin Seven Countryman, seppur tecnicamente identiche. Entro il 1961 emerse tutto il potenziale offerto dalla Mini classica: all’inizio dell’anno si partì con il piccolo «animale da soma», la Mini Pick-up. Sei mesi dopo seguirono due modelli più nobili: la Wolseley Hornet e la Riley Elf. Così, nacquero altre due marche del Gruppo BMC basate sul concetto della Mini classica. Entrambi i modelli si conquistarono la loro indipendenza stilistica attraverso le imponenti griglie del radiatore, un cofano del bagagliaio allungato e parafanghi a coda di rondine.

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Nella seconda metà dell’anno fu lanciata una variante che avrebbe fatto della Mini classica una leggenda: la Mini Cooper. Già alla presentazione dei primi prototipi il costruttore di automobili sportive John Cooper, legato ad Alec Issigonis da una stretta amicizia, aveva riconosciuto il potenziale offerto da questa piccola vettura. Con l’approvazione della direzione del Gruppo BMC sviluppò un piccola serie di 1000 Cooper dalla cilindrata incrementata a 1,0 litri ed una potenza massima di 55 CV.

Questa vettura debuttò nel settembre del 1961 e le reazioni furono euforiche e portarono alla richiesta di una sola modifica: aumentare nuovamente la potenza. Issigonis e Cooper maggiorarono la cilindrata a 1071 centimetri cubi, così da ottenere una potenza massima di 70 CV. La Mini Cooper si trasformò in un fenomeno straordinario, non solo sulle strade di tutti i giorni. La vittoria di categoria del finlandese Rauno Aaltonen al Rally di Monte Carlo del 1963 costituì la base per una serie di successi agonistici senza precedenti che culminarono in tre vittorie assolute al Rally di Monte Carlo negli anni 1964, 1965 e 1967.

Una straordinaria varietà: dalla Mini Moke alla Mini Clubman.
Nell’agosto del 1964 la BMC presentò un’ulteriore variante della Mini classica, disegnata originariamente per uso militare: la Mini Moke, una vettura a quattro posti completamente aperta che restò nei listini per quattro anni. La sua scocca era composta praticamente da un elemento di fondo con dei longheroni larghi e squadrati, da un cofano motore e da un parabrezza. La protezione dalle intemperie era costituita da una capote pieghevole. La Mini Moke adottava i propulsori della Mini e fu un notevole successo commerciale, soprattutto nelle regioni soleggiate degli USA e in Australia.

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Nel 1967 la Mini classica fu oggetto di un profondo restyling: venne equipaggiata con un motore di 998 centimetri cubi di cilindrata con una potenza massima elevata a 38 CV. Due anni dopo la Mini classica venne completata dalla Mini Clubman, una variante leggermente più grande dal modulo frontale modificato. La sorella era cresciuta di 11 centimetri in lunghezza rispetto alla Mini «originale»: la versione giardiniera, definita «Estate», che sostituiva la Morris Mini-Traveller e la Austin Seven Countryman, misurava esattamente 3,4 metri. L’altezza, la larghezza e il passo restarono invariati. Contemporaneamente, la Mini Cooper uscì di produzione e venne sostituita dal nuovo modello top di gamma della serie, la Clubman, dotata di un motore di 1,3 litri da 59 CV definita Mini 1275 GT. Nel 1969 vennero modificati altri dettagli: i finestrini anteriori a scorrimento, di cui era dotata la Mini classica sin dall’inizio, vennero sostituiti in tutti i modelli da cristalli azionati da una manovella, inoltre le cerniere esterne delle porte vennero montate all’interno e un logo Mini abbellì il cofano motore.

La Mini classica non tramonta mai – il ritorno della Mini Cooper.
A partire dagli anni ’70 vennero offerte numerose edizioni speciali della Mini classica, con accenti molto diversi, da sportivo a moderno, da nobile e sofisticato a giovane e accattivante. Tra il 1980 e il 1983 la gamma venne ridimensionata: Clubman, Estate e Van non vennero più prodotte. Restò solo la Mini classica con un motore di un litro da 40 CV di potenza. I clienti restarono fedeli: nel 1986 venne prodotta la 5milionesima Mini classica nello stabilimento di Longbridge.
Nel 1990 numerosi fan si rallegrarono del ritorno della Mini Cooper nella gamma Mini. Sotto il suo cofano pulsava un motore di 1,3 litri. La produzione del propulsore da un litro per la Mini terminò nel 1992 per via dell’entrata in vigore di norme sulle emissioni di gas di scarico sempre più severe. A partire dal 1992 tutti i modelli vennero equipaggiati con il motore di 1275 centimetri cubi.

Nel 1991 venne presentata per l’ultima volta una nuova variante della Mini classica. Fu l’unica variante della Mini a non avere le proprie origini in Inghilterra, ma in Germania. Un concessionario appassionato di Baden aveva tagliato il tetto alla Mini classica, come facevano molti preparatori di vetture, trasformandola in una bella cabriolet. A differenza dei numerosi tentativi del passato, il risultato si distingueva per una qualità così elevata che il Rover Group, nel frattempo responsabile per la Mini classica, decise di acquistare i diritti di progettazione e di fabbricazione. Tra il 1993 e il 1996 il modello di serie venne venduto in circa 1000 esemplari.

Nel 2000 terminò la produzione della Mini classica. Più di 5,3 milioni di unità della compatta dal successo mondiale avevano lasciato la fabbrica in numerose versioni differenti, tra le quali circa 600.000 vetture costruite tra il 1959 e il 1968 nello stabilimento di Oxford. Ma anche dopo 41 anni non era giunta ancora la fine. Dopo una pausa di circa un anno, nel 2001 venne inaugurato un nuovo capitolo della storia della marca inglese.

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Un nuovo inizio nel 2001, subito con la nuova MINI Cooper.
L’acquisizione del Rover Group da parte di BMW all’inizio del 1994 aprì anche nuove prospettive per la marca Mini. Al Salone internazionale dell’automobile di Francoforte (IAA) del 1997 venne presentato uno studio della MINI Cooper che offriva un’anteprima della nuova edizione dell’automobile compatta britannica. Nella sua veste d’interpretazione moderna di un concetto automobilistico tradizionale, la Concept car combinava per la prima volta i valori classici con le caratteristiche di una vettura moderna alla soglia del XXI secolo.

L’esordio pubblico del modello di serie MINI Cooper avvenne nel novembre del 2000 al Salone dell’automobile di Berlino. Solo un anno dopo l’avveniristica nuova edizione della MINI era negli showroom dei concessionari: la MINI Cooper con un motore di 85 kW/115 CV e la MINI One da 66 kW/90 CV. Dotati di trazione anteriore e motori a quattro cilindri montati trasversalmente, contraddistinti da sbalzi corti e quattro posti, i nuovi modelli erano dotati nuovamente degli stilemi della Mini classica. Mentre le dimensioni esterne erano aumentate, anche per soddisfare le moderne esigenze di spaziosità degli interni, il design restò fedele alle proporzioni tipiche della marca e agli elementi caratteristici del frontale, della coda e delle fiancate, creando un legame facilmente riconoscibile tra la MINI e le sue antenate classiche. Inoltre, la MINI costruita ad Oxford in Gran Bretagna si presentò come la prima vettura premium nel segmento delle automobili compatte, uno status che si rifletteva anche nell’impareggiabile livello di sicurezza nel segmento di appartenenza, così come nei severissimi standard di qualità del BMW Group. Infine, la nuova MINI definì nuovi parametri di riferimento grazie alla straordinaria agilità e maneggevolezza, rappresentando immediatamente il massimo divertimento di guida e seguendo così la tradizione della Mini classica; ovviamente, la modernissima tecnica di propulsione e di assetto ne aveva elevato notevolmente l’indole sportiva.

Sulla scia del successo in tutto il mondo, a partire dal 2004 arriva anche la MINI Cabrio.
In brevissimo tempo la nuova edizione di questa automobile compatta si trasformò in una storia di successo in tutto il mondo, che dura fino ad oggi. L’introduzione di nuove varianti di motori fornirono uno straordinario impulso. Nel giugno del 2002 debuttò l’esclusiva MINI Cooper S con un motore da 120 kW/163 CV dotato di compressore volumetrico, nel 2003 la MINI One D – il primo modello diesel nella storia della marca – definì nuovi benchmark in termini di economia di esercizio.

In più, la nuova MINI esaudì il desiderio di divertimento di guida a cielo aperto in tempi molto più brevi dell’antenata classica. Nella primavera del 2004 esordì la MINI Cabrio. Negli anni successivi circa 164.000 esemplari di questa variante di modello, dotata di una capote di stoffa ad azionamento elettroidraulico, uscirono dallo stabilimento di Oxford come MINI Cooper S Cabrio, MINI Cooper Cabrio e MINI One Cabrio.

Dall’originale all’originale: la seconda generazione MINI.
Il successo della MINI superò anche le più rosee previsioni e fu il catalizzatore per lo sviluppo coerente di questo concetto automobilistico e la conquista di nuovi potenziali clienti. A novembre del 2006 venne presentata la seconda generazione della MINI, contraddistinta da uno sviluppo evolutivo del design e da un rinnovamento tecnico radicale. Fedele al motto «dall’originale all’originale», l’immagine estetica della MINI, caratterizzata da un volto estremamente simpatico, venne perfezionata e, in particolare, vennero curate ed accentuate le doti sportive della vettura compatta. Il look della MINI anticipava ciò che la prima esperienza di guida avrebbe confermato.
Motori modernissimi, più potenti e allo stesso tempo molto più efficienti, insieme ad un assetto ottimizzato, consentivano di definire ex novo il tipico divertimento di guida offerto da una MINI. I modelli disponibili al momento del lancio, la MINI Cooper S da 128 kW/175 CV e la MINI Cooper da 88 kW/120 CV, affascinarono immediatamente perché offrivano prestazioni di guida più elevate e consumi di carburante ed emissioni ridotti.

Una varietà moderna: la MINI Clubman e la nuova MINI Cabrio.
Nell’autunno del 2007, esattamente un anno dopo il lancio della nuova generazione di MINI, la gamma è stata arricchita da un altro innovativo concetto automobilistico. Grazie al passo allungato di 8 centimetri, la MINI Clubman offre possibilità completamente nuove di godersi il tipico divertimento di guida del marchio. La sua versatilità interpreta i classici concetti di Shooting-Brake in combinazione con una linea del tetto slanciata ed una coda verticale che accentuano sia la sportività che la funzionalità. Nel confronto diretto con la MINI, la MINI Clubman offre una scocca cresciuta di 24 centimetri. L’allungamento del passo è andato tutto a vantaggio dello spazio per le gambe dei passeggeri posteriori.

Nella MINI Clubman, la porta del guidatore e del passeggero sono state completate da una porta supplementare inserita sul lato destro della vettura e dal portellone posteriore sdoppiato Splitdoor. La porta supplementare sulla fiancata destra, definita Clubdoor, si apre contro il senso di marcia e consente ai passeggeri della zona posteriore della MINI Clubman di accedere comodamente al divanetto posteriore. Il portellone posteriore sdoppiato riprende un dettaglio autentico delle antenate classiche, della Morris Mini-Traveller e della Austin Mini Countryman degli anni Sessanta, interpretandolo in chiave moderna. Il generoso bagagliaio della MINI Clubman (capacità: 260-930 litri) è ampliabile e facilmente accessibile attraverso le due porte posteriori.

L’ultimogenita della gamma MINI è la MINI Cabrio di seconda generazione. Caratterizzata da un design ancora più sportivo, sicurezza attiva e passiva ottimizzate, funzionalità estese e motori dell’ultima generazione, l’unica Cabrio premium del segmento MINI eleva nuovamente il parametro di riferimento per il divertimento di guida di alta classe. La nuova MINI Cabrio affascina per le sue qualità nella guida giornaliera e invita costantemente al divertimento a cielo aperto. L’apertura e la chiusura completa della capote di stoffa a comando elettroidraulico avvengono in solo 15 secondi, anche in marcia fino alla velocità di 30 km/h. Anche la funzione «tetto apribile» della capote della nuova MINI Cabrio è a comando elettrico. La sezione anteriore del softtop è apribile fino a 40 centimetri. A capote chiusa la visibilità è migliorata in tutte le direzioni grazie all’adozione di cristalli laterali posteriori leggermente più grandi e di un nuovo sistema di roll-bar. La staffa di protezione realizzata in un pezzo unico che fuoriesce in una frazione di secondo è montata dietro i sedili posteriori ad un’altezza leggermente inferiore rispetto ai poggiatesta, così da non disturbare il campo visivo diretto del guidatore quando guarda indietro. Inoltre, la staffa monolitica ha consentito di integrare un’ampia apertura di carico passante tra l’abitacolo e il bagagliaio. In questo modo aumenta ulteriormente la versatilità della nuova MINI Cabrio; il volume massimo di carico è di 660 litri.

Ma non è tutto: anche l’attuale gamma motori è più ricca che mai. Per la MINI sono disponibili adesso quattro motorizzazioni a benzina ed una diesel, per la MINI Clubman tre motori a benzina e un diesel e per la MINI Cabrio vengono offerti due propulsori a benzina. Inoltre, per la prima volta, sono disponibili tre modelli indipendenti della marca John Cooper Works. I modelli top di gamma MINI John Cooper Works, MINI John Cooper Works Clubman e MINI John Cooper Works Cabrio, con il loro motore quattro cilindri da 155 kW/211 CV derivato dalle competizioni, sottolineano il DNA sportivo della MINI.

Le tre sportive fanno parte della gamma MINI prodotta in serie e vengono costruite nello stabilimento di Oxford insieme alle altre varianti di modello. Anch’esse devono soddisfare in ogni dettaglio sia i requisiti estremi della pista sia le esigenze della guida giornaliera. MINI sottolinea così la propria qualità premium, valida da sempre anche per i prodotti marchiati John Cooper Works. Il lavoro di sviluppo integrato consente di ottenere caratteristiche di prodotto su misura per la MINI, mentre i severissimi criteri di qualità del BMW Group garantiscono un elevato livello di lavorazione e l’autenticità del design.

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